domenica 31 maggio 2009

Draghi, radiografia di un paese malato


IL COMMENTO di EUGENIO SCALFARI 31 maggio 2009 epubblica.it: il quotidiano online con tutte le notizie in tempo reale

HA SCRITTO Alessandro Penati ("Repubblica" di venerdì scorso) che le "Considerazioni finali" lette dal governatore della Banca d'Italia il 29 maggio ad una vasta platea di banchieri, imprenditori e uomini politici sono un evento che non ha alcun riscontro nelle altre democrazie occidentali. Così pure le esternazioni del presidente della Confindustria all'assemblea degli industriali e i discorsi dei leaders sindacali il primo maggio. Queste frequenti sortite, secondo Penati, sono altrettante prediche inutili che nulla tolgono ma nulla aggiungono alla realtà economica e sociale del paese creando però un intreccio perverso che spinge ciascuno degli attori fuori dal proprio seminato con la conseguenza di confondere le competenze, alzare inutili polveroni ed infine paralizzare il sistema decisionale. C'è del vero nella tesi di Penati che però non si pone la domanda del perché questi vecchi riti (come egli li definisce) durino da cinquant'anni e non accennino a scomparire. Per quanto riguarda in particolare il governatore della Banca d'Italia, quei riti cominciarono nel 1947 con Luigi Einaudi e proseguirono con i suoi successori fino all'ultimo Draghi. Perché? Le ragioni a mio avviso sono due. La prima deriva dalla struttura corporativa del paese: una serie di piccoli poteri ma coriacei, che hanno segmentato il cosiddetto interesse generale in una serie di agguerriti interessi particolari blindati e non comunicanti tra loro, compartimenti-stagni all'interno dei quali la visione complessiva non penetra.
Guido Carli, in una delle sue "Considerazioni finali" le chiamò "arciconfraternite del potere" attribuendo alla loro presenza quel sistema di lacci e lacciuoli che paralizza o comunque rallenta la diffusione del benessere all'interno della società. In questo paesaggio di corporazioni la Banca d'Italia è una delle poche voci (forse la sola) al servizio dell'interesse generale perché non è condizionata da interessi propri né di categoria. La seconda ragione deriva dal fatto che l'Italia è sempre stata, fin dalla formazione dello Stato unitario, un paese povero di capitali di rischio. Il capitale l'hanno fornito le banche, anzi per un lungo periodo le banche straniere, prima francesi, poi tedesche. Ma la dotazione del capitale di rischio è sempre stata insufficiente. Di qui una compressione costante delle retribuzioni, una altrettanto costante evasione fiscale, una bassa produttività, una stentata crescita del reddito nazionale, un elevato livello del debito pubblico che è sempre stato tra i più alti d'Europa dai tempi di Marco Minghetti a quelli di Giulio Tremonti. La Banca d'Italia, nella veste di suprema magistratura economica che le condizioni storiche le hanno assegnato, si è dunque dovuta occupare della crescita del reddito e dell'occupazione essendo essa una delle premesse per mantenere la stabilità dei prezzi e del valore della moneta. Il professor Penati converrà con me che il vecchio rito delle "Considerazioni finali" ha dunque una sua ragion d'essere in un paese in cui non esiste una classe generale portatrice degli interessi generali. Fu questo il cruccio di Ugo La Malfa ed è stato il nostro cruccio per mezzo secolo, reso più intenso che mai in questi ultimi quindici anni di populismo e di demagogia "a gogò". La relazione di Mario Draghi apparentemente non ha scontentato nessuno. In realtà il governo l'ha accolta a denti stretti, i sindacati, la Confindustria e le opposizioni vi hanno invece visto la conferma delle loro posizioni. Il ministro dell'Economia si è chiuso in un superbo silenzio rivendicando al potere politico il diritto di gestire senza interferenze la politica economica. "Grazie, so sbagliare da solo": Tremonti non l'ha detto ma l'ha certamente pensato. Ridotto all'essenza il discorso di Draghi si può riassumere nei seguenti punti:
1. Forse la crisi mondiale ha toccato il fondo e forse cesserà di sprofondare ulteriormente, ma la risalita "a riveder le stelle" sarà lenta specie in Europa e specie in Italia.
2. Gli effetti negativi della crisi finanziaria non si sono ancora scaricati sull'economia reale. Per quanto riguarda in particolare l'occupazione questi effetti cominciano appena ora a vedersi e agiranno in misura crescente nell'ultimo quadrimestre del 2009 ripercuotendosi con effetti di trascinamento per tutto il 2010.
3. Gli strumenti di sostegno sociale fin qui adottati sono decisamente insufficienti. Le risorse mobilitate dal governo vanno nella giusta direzione di estendere la protezione a tutti i lavoratori in difficoltà, ma si limitano ad un livello troppo basso, troppo diseguale tra i diversi gruppi e categorie e non inclusivo dell'ondata di precari i cui contratti scadranno alla fine dell'anno coinvolgendo un milione e ottocentomila lavoratori. 4. Complessivamente il governo ha mobilitato lo 0,3 del Pil per sostenere i redditi dei lavoratori e delle famiglie; in cifre assolute 5 miliardi di euro.
5. Nonostante la modestia di queste cifre largamente inferiori a quanto fatto nel resto d'Europa, la finanza pubblica è in dissesto. Il deficit rispetto al Pil sta viaggiando al 4,5; a fine anno avrà superato il 5. Lo stock di debito pubblico sarà del 114 per cento rispetto al Pil e tenderà addirittura al 120 nel 2011. La spesa corrente è già aumentata di tre punti arrivando a livelli mai raggiunti prima. La pressione fiscale è al 43 per cento e continua a crescere. 6. La domanda dei consumatori è in discesa. L'investimento sia pubblico sia privato è sceso a livelli bassissimi. 7. Urgono interventi di sostegno immediati e consistenti. Per impedire che la sfiducia internazionale aumenti bisogna fin d'ora decidere con quali strumenti il governo rientrerà nei parametri di stabilità a partire dal 2011. Decidere, approvare, fissare la tempistica ora per allora affinché i mercati riacquistino certezza e speranza.
Fin qui Draghi. Tralascio altre cifre fornite dal governatore che i giornali di ieri hanno già ampiamente riportato.
La strategia di intervenire in modi e quantità appropriati per sostenere la domanda e il reddito dei lavoratori e dei pensionati impegnandosi fin d'ora nell'operazione di rientro, era già stata delineata dal ministro ombra per l'Economia del Partito democratico, Morando, fin dai tempi della segreteria Veltroni. Naturalmente non fu presa in considerazione dal governo. Tremonti disse che a Bruxelles ci avrebbero riso in faccia. Ma non ridono di fronte agli sforamenti della Germania, dell'Irlanda, della Spagna, della Gran Bretagna.
Quest'ultima in particolare viaggia tranquillamente oltre la soglia del 6 per cento. Secondo le previsioni si avvicinerà alla soglia del 10 entro l'anno. Infatti le agenzie internazionali di rating hanno declassato il debito pubblico inglese, fatto che non avveniva dal tempo della guerra mondiale. Né sta meglio (anzi sta peggio) il Tesoro americano.
Le due potenze anglosassoni si sono date il 2012-2013 come il biennio del rientro nell'equilibrio dei conti pubblici. Hanno anche indicato gli strumenti: taglio di spese, imposte sulle fasce abbienti, rientro dei sussidi dati a banche ed imprese per arginare la crisi. Nel frattempo però dovranno sostenere il finanziamento del Tesoro e soprattutto emettere una massa di titoli pubblici per sostituire quelli in scadenza alla fine di quest'anno e dell'anno prossimo. Si tratta di un ammontare enorme. Draghi conosce bene questo problema e meglio ancora di lui lo conosce Tremonti. Nel secondo semestre di quest'anno verranno a scadenza una massa notevole di titoli pubblici italiani. All'incirca si tratta di 200 miliardi di euro, proprio in sincronia con le scadenze ben superiori di titoli Usa, Gran Bretagna, Germania. Tremonti non ama parlare di questo problema che sta sospeso nel cielo dell'Occidente come una fitta coltre di nerissime nubi. Dice che il peggio è passato e usciremo meglio degli altri dalla crisi. In realtà il peggio deve ancora venire e nasconderlo non giova a nessuno. Altrettanto non giova il fallimento dell'operazione Fiat-Opel. Ho trattato questo tema la settimana scorsa e dunque non mi ripeterò. Auguro a Marchionne e alla Fiat di poter rimpiazzare lo scacco subìto in Germania con nuovi possibili accordi con altre imprese automobilistiche. Ma torno a ripetere che le iniziative di Marchionne non sono state messe in campo per desiderio di gloria ma per necessità di sopravvivenza. Se non andranno a buon fine la Fiat vivacchierà perché l'operazione Chrysler non basta a garantirne il futuro. Vivacchierà e peserà inevitabilmente sui contribuenti italiani. * * * Draghi - per tornare a lui - sostiene la necessità di riforme immediate e punta in particolare sulle pensioni. Prolungare l'età pensionabile e accelerare il sistema a contribuzione liberando così le risorse per rilanciare la crescita. Tremonti e il ministro del Lavoro, Sacconi, obiettano che la riforma si farà a tempo debito e che le risorse liberate saranno redistribuite all'interno del perimetro previdenziale. La preoccupazione di non turbare la pace sociale è giusta ma resta il dilemma posto dal governatore: come rilanciare la crescita?
Mi permetto di dire che le proposte del Pd di tassare con modeste e transitorie maggiorazioni i redditi al di sopra dei 120mila euro potrebbe fornire le risorse necessarie, insieme a provvedimenti anti-evasione che Visco aveva adottato e Tremonti smobilitato.

Post Scriptum. Non ho parlato di Silvio Berlusconi ma una cosa va ricordata. Il cardinale Bagnasco, nel discorso con il quale ieri ha chiuso la riunione della Conferenza episcopale italiana ha detto che la classe dirigente dovrebbe esser d'esempio educativo alle giovani generazioni con i suoi pensieri, i suoi comportamenti e lo stile di vita ed ha lamentato che ciò non stia avvenendo. Dargli torto mi sembra difficile. Berlusconi ha definito "berlusconiana" la relazione di Draghi; allo stesso titolo potrebbe definire "berlusconiano" l'incitamento di Bagnasco a comportamenti educativi. Ed avrebbe potuto definire "berlusconiane" anche le parole di Franceschini sempre in proposito dei valori educativi da trasmettere ai giovani. Io spero che il premier definisca "berlusconiane" anche queste mie riflessioni se avrà avuto il tempo e la voglia di leggerle. Ne sarei molto compiaciuto. Come ha detto recentemente Roberto Benigni: lei è un mito, presidente, e i miti più si allontanano e più grandeggiano. Perciò si allontani, per il bene suo e del paese.

martedì 26 maggio 2009

GOOOOD MORNING ASCOLI


Gooooood Morning, ASCOLI.
10 anni di torpore, un periodo infinito per una città che avrebbe, in questi anni, dovuto attivare strumenti per poter competere con le altre località turistiche delle Marche e del centro Italia e ritagliarsi la propria fetta di sviluppo e di crescita dell’economia. Tutto ciò non è accaduto: Ascoli è rimasta al palo, pensando di poter ancora a lungo giovarsi di una rendita di posizione derivante dal fatto di aver per tanti anni rappresentato l’estremo nord della Cassa per il mezzogiorno e di essere, per questo, territorio appetibile per tanti industriali improvvisati che calavano nel piceno le loro imprese per accedere a fondi pubblici e che poi, immancabilmente, non appena possibile, fuggivano col bottino.
Di questo, chi ha avuto affidata dai cittadini la responsabilità di amministrare una città quale quella di Ascoli, avrebbe dover avuto la consapevolezza e sopratutto la capacità e volontà di mettere in atto strumenti capaci di anticipare la crisi e di indirizzare le energie del territorio in altre direzioni.
Oggi, invece, tanti sono gli imprenditori intenti a leccarsi le ferite (basta farsi un giro in centro per vedere quante sono le attività commerciali cessate e i locali rimasti sfitti) perché nessuno in questi anni ha favorito la diversificazione degli investimenti e promosso in modo adeguato un territorio che avrebbe tutte le carte in regola per rappresentare un’eccellenza sia sotto il profilo del patrimonio artistico, culturale, e paesaggistico che della produzione di prodotti tipici.
La vicenda del riconoscimento della città di Ascoli come patrimonio dell’umanità da parte dell’UNESCO è emblematica: tante potrebbero essere le risorse indirizzate sulla nostra città in questo caso ma, una simile ipotesi, imporrebbe anche dei vincoli dal punto di vista urbanistico e paesaggistico, vincoli che probabilmente confliggono con volontà speculative più o meno manifeste, ed allora si preferisce soprassedere, si sceglie di garantire comunque a qualcuno la realizzazione dei propri interessi anche a costo di lasciare in agonia un territorio.
Good morning Vietnam gridava uno strepitoso Robin Williams nel famoso film diretto da Barry Levinson. Good morning Ascoli ci piace urlare in questi afosi giorni di campagna elettorale. Stavolta è la volta buona

Servizi e unificazione del mercato del centro


Il mercato del centro è una straordinaria risorsa per la nostra città: risorsa sia economica che sociale.

Importante momento di scambio economico ma anche momento di incontro e confronto tra i cittadini.
L’attuale collocazione del mercato, però, poco risponde alle esigenze dei cittadini e degli operatori. Esso risulta infatti spezzettato in vari tronconi, distinti e talvolta distanti l’uno dall’altro, moltiplicando così i problemi della viabilità.
E’ necessario innanzitutto unificarlo e prevedere una serie di servizi a suo sostegno oltre che mettere in atto azioni volte ad integrarlo alle altre attività del centro.
In fondo con poco si potrebbe fare molto su questo tema ma per farlo l’amministrazione di centro-destra, in questi 10 anni, non ha trovato un attimo.
Mario Lazzari, candidato consiglio comunale, lista PD

Un sindaco nero nella città di Mississipi burning.


Philadelphia cambia pagina: per la prima volta è stato eletto sindaco afro-americano, James Young, pastore pentecostale di 53 anni. I cittadini lo hanno preferito al bianco, Rayburn Waddell.
La cittadina del Missisipi, è tristemente nota per la strage del Ku Klux Klan del '64. James Chaney, Andrew Goodman e Michael Schwerner, tre militanti per i diritti civili stavano procedendo all’iscrizione di neri nelle liste elettorali e vennero brutalmente uccisi da membri del Ku Klux Klan ( la vicenda ha ispirato il film «Mississippi Burning di Alan Parker). I tre ragazzi erano impegnati in una campagna per registrare nuovi elettori in aree rurali del paese dove i discendenti degli schiavi non avevano mai votato. Complice la polizia locale che li aveva arrestati e poi rilasciati in piena notte, ai due bianchi newyorchesi Goodman e Schwerner e al loro amico nero Chaney fu tesa una trappola. I tre giovani vennero intercettati dagli uomini del Klan, picchiati a sangue e uccisi. I loro cadaveri vennero fatti scomparire. Philadelphia si chiuse dietro un muro di omertà. Le indagini vennero ostacolate con ogni mezzo. Tre anni dopo, i pochi imputati portati in aula furono processati solo per violazione dei diritti civili e se la cavarono con pene leggere. Nel 2005 Edgar Ray Killen, l'ex capo del KKK che aveva ordinato la strage, ha finalmente pagato con una condanna a 60 anni di prigione che sta scontando.
Il Mississippi è in America lo stato che elegge più pubblici ufficiali neri, ma raramente sono espressi da un elettorato in maggioranza bianco come a Philadelphia, questo episodio segna quindi una evidente inversione di tendenza.

martedì 19 maggio 2009

Posti riservati sulla metro milanese?


I leghisti che chiedono posti riservati sulla metro milanese dovrebbero ricordare o leggere qualcosa su Rosa Parks e la sua storia. Rosa Parks era una donna nera di Montgomery, Alabama, impiegata come sarta in un grande magazzino. Il 1 dicembre del 1956 stava tornando stanca a casa in autobus e, poichè l'unico posto a sedere libero era nella parte anteriore del mezzo, quella riservata ai bianchi, andò a sedersi lì. Poco dopo salirono sull'autobus alcuni passeggeri bianchi e il conducente James Blake le ordinò di alzarsi e andare nella parte riservata ai neri.

Rosa si rifiutò di lasciare il posto a sedere e di spostarsi nella parte posteriore del pullman: stanca di essere trattata come una cittadina di seconda classe (per giunta costretta anche a stare in piedi), ella rimase al suo posto. Il conducente fermò così l'automezzo, e chiamò due poliziotti per risolvere la questione: Rosa Parks fu arrestata e incarcerata per condotta impropria e per aver violato le norme cittadine.

Quella notte, cinquanta leader della comunità nera, guidati dall'allora sconosciuto pastore protestante Martin Luther King si riunirono per decidere le azioni da intraprendere per reagire all'accaduto, mentre c'erano già state le prima reazioni violente: il giorno successivo incominciò il boicottaggio dei mezzi pubblici di Montgomery,e la protesta durò per 381 giorni; dozzine di pullman rimasero fermi per mesi finché non fu rimossa la legge sulla segregazione. Questi eventi diedero inizio a numerose altre proteste in molte parti del paese. Lo stesso erverendo King scrisse sull'episodio descrivendolo come "l'espressione individuale di una bramosia infinita di dignità umana e libertà" "Rimase seduta a quel posto in nome dei soprusi accumulati giorno dopo giorno e della sconfinata aspirazione delle generazioni future".

Il 19 dicembre 1956 la Corte Suprema degli Usa - su richiesta dei difensori di Rosa Parks, dichiarò incostituzionali le leggi della segregazione. 42 anni dopo Barack Obama, americano, nero, varca la soglia della Casa Bianca non come cameriere o autista ma come 44° Presidente degli Stati Uniti d’America. Una lezione, questa, che qualcosa dovrebbe pur aver insegnato.

martedì 12 maggio 2009

Rossi Guerriero reintegrato nel posto di lavoro.


In merito al licenziamento da parte della ditta Tod’s del dipendente e attivista sindacale Rossi Guerriero, il giudice del lavoro, Dr. Pocci, con sentenza del tribunale di Ascoli P. dell'11 maggio 2009, ha ordinato alla Tod's "l'immediata reintegrazione nel posto di lavoro di Rossi Guerriero perchè le motivazioni usate non possono ritenersi sufficienti".

Ha vinto Rossi Guerriero, la sua famiglia, la Cgil e a quanti lo hanno sostenuto.

Che dire? Oltre a manifestare tutta la nostra gioia per la vittoria personale di Guerriero, come benissimo ha fatto Giuseppe nella toccante lettera che segue, vogliamo sottolineare l’importanza per tutti i lavoratori per questa bella vittoria della giustizia e del diritto e di tutti i lavoratori.


Lettera ad un Guerriero.


Volevano condannarti per lesa maestà, come ai tempi dell’imperatore Augusto. Per il rifiuto di riconoscere l’imperatore come divinità, come non fanno i media sempre compiacenti, come non fanno i politici prostrati e mai schierati, come non hanno fatto i tanti lavoratori che pur condividendo non hanno avuto il coraggio di dimostrarlo.Ti invidio la serenità e la fermezza mai rabbiosa, come quel giorno al Tribunale, al fianco di tua madre e tua moglie. Una serenità disarmante, nonostante avessi un piede in mezzo alla strada. E il tuo sguardo quel giorno è stato come uno squarcio di sole in mezzo ad un cielo perennemente nuvoloso, un giorno lungo fatto di capi chini, di gomitate in mezzo alla faccia, per un’ora di straordinario in più, per un posto a cui ci si afferra con le unghie e si sputa sull’altro, per un sorriso compiacente al potente di turno.Invidio la tua semplicità, come quando ti arrabbiavi perché dopo il direttivo non volevi andare al ristorante e sostenevi che sarebbe stato più giusto mangiare un panino. E quando mi dici che abbiamo vinto la battaglia e che la vittoria arriverà, io ci credo. Ci sono tanti Rossi Guerriero per il mondo e la lotta di classe esiste da sempre, ma la tua vittoria aiuterà molti a rialzare la testa. Penso alle tue figlie, come ai miei figli e al regalo che gli hai fatto, più grande di qualsiasi ricchezza materiale di cui le nostre case sono piene. Figli che si sentono a volte diversi, ma che porteranno con loro, per tutta la vita, questo intenso ricordo.E i figli di questa “italietta da strapazzo, fatta di servi, vigliacchi e traditori, con le lingue bavose per i potenti e il coltello in mano per i poveracci come loro” forse un giorno capiranno. Chi lavora vuole il pane, ma anche le rose. Grazie per la rosa che ci hai regalato.Ho ricevuto tante lettere e tanti messaggi di solidarietà per la tua causa in questi giorni e oggi dopo la notizia sono stato sommerso da così tanti messaggi che non riuscirò mai ad aprirli tutti. Una cosa straordinaria, c’è ancora un’idea forte che batte, come un fuoco, che non si è mai spento, ma che non trova quel soffio di vento per ritornare ad ardere. Grazie compagno Guerriero.

Fermo, 11 maggio 2009

Giuseppe Santarelli

giovedì 7 maggio 2009

Un certo dott. Sergio Lari è andato a dirigere la Procura a Caltanissetta.



Da molti giorni respiro un'aria nuova. Non è ancora quel fresco profumo di libertà che si auspica da tante parti, ma è un profumo di speranza e di ottimismo.
Esiste un fatto nuovo, passato sotto silenzio totale o quasi da parte di tutti i media.
A Caltanissetta è andato a dirigere la Procura un certo dott. Sergio Lari. Ha il viso ingenuo di un ragazzino, ma ha un'esperienza alle spalle che potrebbe essere il nostro bisnonno. Trova pure il tempo di giocare a basket, organizzando a spese sue, e devolvendo in beneficenza i ricavati. E' una persona perbene e solare.
Lo hanno mandato in una Procura che, per competenza, svolge le indagini sugli omicidi di mafia che hanno riguardato gli eroici magistrati di Palermo. Alla chetichella ha riorganizzato un pool di investigatori credibili, forte degli insegnamenti ricevuti dal maestro Antonino Caponnetto. Ed i risultati non si fanno attendere, perchè l'arma fondamentale per le indagini di mafia sono i pentiti, e questi hanno bisogno di rivolgersi a persone credibili per decidere di parlare.
E in questi giorni stanno parlando. Gaspare Spatuzza, Giovanbattista Ferrante, e soprattutto Angelo Fontana. Quest'ultimo conferma che il giorno della strage Borsellino vide in Via D'Amelio uomini dei servizi segreti che lui conosceva, e riconobbe subito nelle immagini televisive del massacro. Non solo, le loro dichiarazioni stanno consentendo di riaprire le indagini sull'attentato dell'Addaura, sulla strage Falcone, e non possono quindi essere estranee all'accertamento della verità sul generale Mori, su Contrada, sull'Agenda Rossa di Borsellino, sul patto Stato-Mafia di cui parla anche Ciancimino.
Sergio Lari denuncia: "Devo sempre ripetere la stessa cosa. Siamo pochi. Possiamo interrogare i collaboratori di giustizia solo poche ore alla settimana. Occorre colmare gli organici". Il Ministro Angelino Alfano sembra non ascoltare. Non ha interesse per queste novità investigative. Qualche magistrato in più a Caltanissetta, magari spostando chi ha solo da indagare i rubapolli? Mancano i soldi o la volontà?
Sergio Lari non va lasciato solo. L'unico boato che vogliamo ancora sentire è quello dell'esplosione di gioia degli Italiani che chiedono verità. E allora Angelino, glie li mandi i magistrati a Sergio Lari? Hai tre mesi di tempo. Diversamente evita di venire in Via D'Amelio il 19 luglio prossimo. Te lo ricorderemmo, e non saresti accolto bene.
Dimenticavo il regalo. Il regalo è questa nota, che potete condividere, copiare, incollare, distribuire, pubblicizzare, divulgare, sottoscrivere, modificare, spedire, pubblicare, sulle bacheche, sui profili, sui blog, dove volete. Sergio Lari non va lasciato solo. Se qualcuno ha per Lui pronta una corda, noi dobbiamo essere il suo cordone di sicurezza.

Da una nota di G. Gaber su Facebook

martedì 5 maggio 2009

Da Giovani per la sinistra

Giovani per la sinistra a Catalucci e Regnicoli: fate un passo indietro
«Riguardo alla presentazione di candidature alternative a quella di Canzian. Solo uniti si vince»
Ascoli Piceno - 4/5/2009, 11:12


Ascoli - Lettera aperta dei giovani “Per l’unità della sinistra ascolana” ad Emidio Catalucci (Sinistra democratica), Marco Regnicoli (L’Alveare) e ai dirigenti e militanti del Partito socialista.
«Mancano ormai poche ore alla chiusura dei termini per la presentazione delle liste elettorali. Abbiamo finalmente, come giovani cittadini, simpatizzanti o militanti della sinistra diffusa nella società civile, l’opportunità di cambiare le sorti di una città da troppi anni schiacciata da una politica cieca e basata esclusivamente su personalismi e rapporti clientelari. La stragrande maggioranza dei giovani ascolani costretti a cercare altrove opportunità, chiede alla politica un unico grande impegno: la possibilità di intraprendere il proprio percorso lavorativo ed esistenziale nella città in cui sono nati. Solo un programma di forte rinnovamento politico e culturale, capace di guardare ai problemi concreti di una gioventù sfiduciata da troppi anni di bassa politica (sottoscritta dal PDL di Celani e Castelli e dall’UDC di Ciccanti), potrà dare un orizzonte di senso alle nuove generazioni.Solo una grande coalizione unitaria, che sappia raccogliersi attorno ai temi e agli orizzonti ideali della Sinistra, potrà perlomeno provare a realizzare questo sogno: una Ascoli democratica, di fermento e sviluppo.Un numero crescente di ragazzi, associazioni giovanili e culturali, si è ritrovato proprio in questi giorni attorno ai seguenti punti programmatici, proposti ed accolti dalla coalizione che sostiene la candidatura a sindaco di Antonio Canzian:
1) Riqualificazione delle periferie: per far sì che le periferie tornino “al centro” dell’attenzione politica; ogni quartiere periferico dovrebbe essere munito di un centro polifunzionale per biblioteche, cineforum, sale prove, ritrovo di associazioni locali, teatri, circoli ricreativi o sportivi autogestiti dagli abitanti del quartiere.
2) La definizione di un polo di ricerca e di un distretto produttivo ad esso legato: per ridisegnare la vocazione economica del territorio, permettere ad Ascoli di essere competitiva e permettere ai propri cittadini di poter scegliere se lavorare e vivere nella propria città, svolgendo lavori qualificati e ben retribuiti;
3) Distretto culturale: per una gestione dei fondi e delle politiche culturali concertata con le associazioni e con gli artisti operanti nel territorio; è necessario abbandonare la gestione feudale delle istituzioni per dare vita ad una gestione partecipativa e democratica; è necessario assegnare sedi alle associazioni e istituire un’assemblea mensile tra Assessore alla cultura e rappresentanti delle associazioni culturali ascolane.
Caro Emidio Catalucci di Sinistra democratica, caro Marco Regnicoli de L’Alveare, cari dirigenti e militanti del Partito socialista, siamo dei giovani ascolani, studenti e neo-laureati, simpatizzanti per diversi frammenti dell’area di centro-sinistra. Crediamo sinceramente che sarebbe un imperdonabile errore non unire tutte le forze che non possono non ritrovarsi in questa visione della città. Partiti e associazioni importanti della sinistra e della società civile ascolana come Sinistra Democratica, L’Alveare e il Partito Socialista devono assolutamente dare il proprio contributo sin dal primo turno sostenendo con entusiasmo l’unica coalizione in grado di far cambiare rotta ad una città che si sta lentamente spegnendo, costringendo gran parte della nuova generazione all’esodo di massa.Logiche altrimenti basate su guerre di fazioni o personalità, troppo simili a ciò cui ci ha abituato il centro-destra ascolano in questi ultimi anni, non potranno essere minimamente comprese dall’elettorato e rischiano seriamente di riconsegnare per altri cinque anni la città a quei partiti che hanno già distrutto la nostra speranza di poter vivere ad Ascoli.Vi chiediamo dunque un gesto di responsabilità e dunque un passo indietro sulla presentazione di candidature alternative a quella di Antonio Canzian.
Solo uniti potremo cambiare il futuro della nostra città, e non solo quello di qualche famiglia e lobby cittadina».

I giovani per l’unità della sinistra ascolana:
Riccardo Fabiani
Davide Nota
Massimo Bastiani
Daniele Ciabattoni
Daniele De Angelis
Roberta Tarquini
Ilaria Mascetti
Fabio Monti
Andrea Marinucci
Guido Ianni
Luca Albertini
Martina Sardi
Niki Corradetti
Marco Ciucci
Andrea Alberti
Pierluigi Baiocchi
Daniela Santoni
Isabella Villi
Linda Villi
Francesco Alessandrini
Alessandro Passalacqua